di Raffaele Di Marcello
La cosidetta “Legge di Stabilità (Legge 145/2018) contiene poche novità per la mobilità ciclistica. A fronte dei cospicui incentivi per le stazioni di ricarica per auto elettriche e per l’acquisto di queste ultime (art. 1, comma 1039 e comma 1057), per la realizzazione di “autostrade ciclabili” (sarebbe stato meglio definirle ciclovie) vengono destinati 2 milioni di euro (che, in pratica, fanno circa 70 km di nuova infrastruttura), senza, peraltro, collegare il finanziamento a interventi programmati quale il Sistema delle Ciclovie Turistiche Nazionali.
Ma, pochezza di fondi a parte, a preoccupare di più è l’art. 1, comma 103, della legge che, testrualmente, recita “all’articolo 7 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il comma 9 e inserito il seguente: 9-bis. Nel delimitare le zone di cui al comma 9 i comuni consentono, in ogni caso, l’accesso libero a tali zone ai veicoli a propulsione elettrica o ibrida“.
In pratica, in base alla nuova norma, le auto ad alimentazione elettrica o ibrida (ad alimentazione a benzina o gasolio con motore ausiliario elettrico), potranno accedere, liberamente, nelle aree pedonali o nelle zone a traffico limitato o nelle aree di rilevanza urbanistica, vanificando, così, il senso stesso di tali aree. Quello che è sfuggito al legislatore, infatti, è che il “problema” del traffico veicolare è si quello ambientale dovuto alle emissioni, ma è anche, e in ambito urbano soprattutto, quello dell’occupazione dello spazio urbano.
Le aree pedonali, o con traffico limitato, o considerate di rilevanza urbanistica, sono istituite, come recita il comma 9 dell’art. 7 del codice della strada, “tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio“. Far entrare, liberamente, autovetture, seppure ad alimentazione elettrica, in spazi prima liberi dall’ingombro di auto, furgoni e simili, vanificherebbe il senso stesso della limitazione, facendo un passo indietro di decine di anni, quando le auto occupavano le piazze, gli slarghi, le vie, di centri storici e aree urbane di pregio.
E se, qualche anno fa, si sarebbe potuto obiettare sugli effetti della norma, evidenziando la rarità delle auto elettriche, o ibride, in circolazione, oggi, incentivandone l’acquisto, potremmo, a breve, vedere le piazze delle nostre città storiche, di nuovo occupate da centinaia di vetture, ecologicamente impeccabili (più o meno) ma ugualmente ingombranti, e pericolose, come le auto alimentate a benzina o a diesel.
Che dire? Che sia stata una grossolana svista o la volontà di incentivare ulteriormente l’acquisto di veicoli elettrici è il caso di correre immediatamente ai ripari e cambiare la norma. E magari ricordarsi che, nelle aree pedonali, le biciclette (i velocipedi, come definiti dal Codice della Strada) possono circolare da sempre, e converrebbe incentivare l’acquisto di questi, magari a pedalata assistita, magari invogliando a trasformare la logistica di prossimità (la consegna delle merci nell’ultimo miglio) da motorizzata a ciclistica, con l’uso di cargo bike, come accade in diversi Paesi europei. Ricordandosi che nelle aree pedonali il commercio prospera, gli immobili valgono di più, i cittadini sono più felici e le città riconquistano il loro ruolo sociale.
E ricordiamo anche il documento proposto da FIAB ai candidati delle ultime elezioni politiche, relativo alla “dieta del traffico“, che molti hanno condiviso ma pochi, evidentemente, compreso. Rileggerlo potrà essere utile.
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